The Texas Chain Saw Massacre Provato: la tortura si fa in famiglia

GAME PRO 52

Venerdì 13, Halloween, Nightmare sono tutte saghe cinematografiche che si sono dimostrate capaci di introdurre nuovi mostri contemporanei che sono entrati a pieno diritto nel pantheon dell’horror. Non aprite quella porta, film a loro predecessore, non ha avuto questa fortuna. Il capolavoro di Tobe Hooper è stato innegabilmente di grande ispirazione per i lungometraggi che hanno esplorato il contesto dei campagnoli statunitensi, quegli “hillbilly” che abitano pellicole quali Le colline hanno gli occhi e La casa del 1000 corpi, tuttavia il suo immaginario non è riuscito a generare un filone che fosse continuativo, con il risultato che i suoi sequel sono stati tanto sfortunati quanto poco canonici. Ecco dunque che ci fa strano che lo studio Sumo Nottingham abbia deciso di dare vita a The Texas Chain Saw Massacre, videogame esplicitamente ispirato alla sfortunata serie.

A pensarci bene, superato lo stupore iniziale, The Texas Chain Saw Massacre si presterebbe non poco a un survival horror dalle tinte torture porn, a un’esperienza ansiogena e single player come quella vista in Alien: Isolation, eppure gli sviluppatori hanno deciso di intraprendere una strada completamente diversa, puntando sull’ormai esausto filone del multiplayer asimmetrico dalle sfumature live service. Abbiamo avuto modo di collaudare il titolo in occasione di un test tecnico e, pur tenendo conto dello stato acerbo delle cose, non siamo riusciti a fare a meno di sviluppare una certa preoccupazione.

Il fuoco lento di The Texas Chain Saw Massacre

Trattandosi di un prodotto in pre-beta non abbiamo avuto modo di accedere a una fetta significativa dei contenuti che saranno a disposizione dell’uscita finale. Mancavano all’appello un paio di sopravvissuti, le “Vittime”, si poteva fruire esclusivamente a una sola mappa e l’albero delle abilità era del tutto inaccessibile. Ciò che abbiamo avuto modo di testare è dunque il gameplay vero e proprio e per farlo abbiamo vestito sia i panni della carne da macello che quelli dei cruenti torturatori, ovvero i “Membri della famiglia”. Seguendo la trama della pellicola, le Vittime iniziano ogni match nello scantinato di una fattoria dispersa nell’entroterra texano. Sono appesi a degli uncini con delle corde, devono quindi liberarsi – possibilmente senza fare rumore – e fuggire dai propri aguzzini. Altrettanto lineare è l’obiettivo dei carnefici, i quali non solo devono assicurarsi che i sacrificandi non riescano a scappare, ma devono anche premurarsi di ottenere sangue da offrire in nutrimento al nonno di famiglia, il quale funziona per l’occasione da “sonar” attraverso cui identificare la posizione dei bersagli ancora in vita. 

In ogni partita quattro Vittime vengono contrapposte a tre Membri della famiglia. I sopravvissuti sono deboli, praticamente indifesi, perdono vita col passare del tempo a causa delle emorragie, tuttavia sono anche caratterizzati da una notevole mobilità. Possono scavalcare ostacoli, infilarsi in pertugi, inerpicarsi su ripide scalinate, tutte azioni che non necessariamente sono alla portata degli assassini, i quali sono invece definiti da pregi e difetti specifici al loro ruolo. Il tutto viene tutto arricchito da un occhio d’attenzione nei confronti della verosimiglianza dell’esperienza.

A differenza di esponenti del genere quali Dead By Daylight – nel quale, per altro, si può giocare Leatherface, l’assassino topico di Non aprite quella porta –, The Texas Chain Saw Massacre si pone con un atteggiamento più lento e strategico, quasi tattico. Le Vittime devono perlopiù agire con calma se non vogliono causare trambusto e attirare quindi le attenzioni dei loro torturatori, di contro gli assassini devono attardarsi ad aprire e chiudere a chiave molte delle porte che varcano, a meno che non vogliano semplificare la vita alla squadra avversaria. Tutto ciò è reso ulteriormente complicato da una mappa labirintica e piena di angoli oscuri, la quale è stata evidentemente progettata per enfatizzare il senso di “caccia al topo”. Il problema è che, ora come ora, tale pacatezza si traduce spesso in decine di minuti di stasi e noia, quando non in frustrazione.

Un gioco in due parti

Nel tentativo di dar vita a un’esperienza accattivante, le menti di Sumo Nottingham hanno pensato di fatto di scindere in due il campo di battaglia. La sezione sotterranea, per quanto claustrofobica, favorisce i fragili sopravvissuti offrendo loro molti nascondigli e innumerevoli passaggi utili a seminare i propri inseguitori, di contro la dimora in esterno risulta meglio illuminata ed è caratterizzata da spazi tanto aperti quanto letali. The Texas Chain Saw Massacre è, per intendersi, uno di quei titoli in cui conoscere a memoria la planimetria del gioco si dimostra essenziale per evitare di incanalarsi in pericolosi vicoli ciechi, a prescindere che si stiano interpretando le Vittime o i Membri della famiglia.

Un sopravvissuto che non sa come raggiungere una delle possibili vie di fuga è quasi certamente condannato a morte, ma anche i torturatori sono destinati a perdere se non tengono a mente i limiti artificiosamente invalicabili a cui sono a loro volta soggetti. Chi interpreta Leatherface – un marcantonio armato di motosega e pessimo carattere – non è per esempio in grado di perseguitare coloro che evadono le sue attenzioni gettandosi da una finestra. Nel caso, l’assassino sarà costretto a fermarsi davanti al vetro infranto a guardare impotente i fuggiaschi di turno che corrono verso il tramonto, verso la libertà. Questi limiti vengono ovviamente attenuati dalla cooperazione tra giocatori, ma difficilmente si incappa nelle giuste alchimie comunicative, giocando con sconosciuti.

Per come sono equilibrati al momento i giochi, le partite a The Texas Chain Saw Massacre sono destinate a terminare in uno di due modi: le Vittime possono procedere con estrema cautela, perdersi e nascondersi a oltranza o, cosa più pragmatica, approfittare della loro alta mobilità e tentare una fuga rocambolesca e rumorosa. In ambo le opzioni, l’esperienza non può dirsi appagante per nessuna delle due squadre.

Cose da sistemare in The Texas Chain Saw Massacre

Non ci aspettiamo che da qui al 18 agosto, data dell’ipotetico lancio del titolo, gli sviluppatori possano decidere di modificare la sostanza dell’esperienza, tuttavia ci auguriamo perlomeno che gli equilibri tecnici siano tarati a puntino. Le meccaniche di sanguinamento che dovrebbero imporre urgenza alle Vittime sono al momento concretamente inesistenti, ma anche l’utilità del nonno-sonar è relativamente poco valorizzata, almeno se si considera che ai sopravvissuti basterà rimanere fermi in alcuni momenti ben segnalati per evitare l’individuazione.  Pur tenendo conto di queste messe a punto, pur accettando che la possibilità di sviluppare personaggi e abilità possa incidere positivamente sull’esperienza ludica, ci resta comunque un dubbio: quanto è attraente e versatile il mondo di The Texas Chain Saw Massacre? Molti omologhi del passato – il già citato Dead By Daylight, ma anche il meno fortunato Last Year – si sono appoggiati su di un roster di creature molto vario, nonché su di un gameplay dal tono arcade, pertanto l’ultima fatica di Sumo Nottingham potrebbe in effetti rispondere ai gusti di un pubblico di nicchia che non è ancora stato opportunamente accontentato. 

I multiplayer asimmetrici non si reggono però sui piccoli numeri e la totale assenza di una modalità single player non fa che acuire le criticità del caso. Per cercare di attirare gamer, The Texas Chain Saw Massacre sarà lanciato sin dal day one su Xbox Game Pass, tentativo estremo per attirare i gamer necessari a garantire all’opera quel soffio vitale che potrebbe determinarne il successo. Detto questo, abbiamo dei dubbi che il gameplay lento e le estetiche opprimenti siano capaci di fidelizzare coloro che si presteranno all’esperienza.

Piattaforme: PC, Xbox Series X/S, Xbox One, PS4, PS5

Sviluppatore: Sumo Nottingham

Publisher: Gun Interactive

Data di uscita: 18 agosto 2023

The Texas Chain Saw Massacre parte da una proprietà intellettuale interessante e amata dai fan dell’horror, ma la traduce in un genere iperinflazionato e ormai stantio. La demo da noi collaudata è lungi dall’essere rappresentativa del prodotto finito, quindi siamo certi che l’esperienza verrà adeguatamente affinata, tuttavia le modalità del gameplay ci fanno credere che la direzione creativa di questo prodotto sia stata più condizionata più dal desiderio di creare un live service che dalla voglia di dare spazio a una visione artistica. Le premesse non sono delle migliori, ma non possiamo che augurarci che gli sviluppatori siano in grado di sovvertire le nostre più fosche aspettative.