Master Detective Archives RAIN CODE Recensione: un fantastico e pazzo noir nipponico

Master Detective Archives RAIN CODE è il nuovo gioco di Spike Chunsoft e Too Kyo Games. Nello specifico , quindi, è stato realizzato dai creatori di Danganronpa… e si vede! Ci sono tutti: il mangaka e sceneggiatore Kazutaka Kodaka, l’illustratore Rui Komatsuzaki e il compositore e sound designer Masafumi Takada. Il loro gioco, come da tradizione, è costruito su una storia un po’ “noir” e un po’ “giallo”, in cui ogni situazione precipita rapidamente. I misteri e le disavventure del giovane investigatore protagonista, Yuma, diventano sempre meno personali e più “globali”, in un contesto assurdo e ultrapop. Mettiamola così, Detective Conan sarebbe ben felice di partecipare alle indagini del gioco, del tutto simili alle sue per tono, ritmo e… soluzioni. RAIN CODE è un’avventura coinvolgente e misteriosa, esplicita e priva di riserve nei confronti dei suoi personaggi, che non possono dirsi mai davvero al sicuro dalla morte. Certo, una volta che avrete scoperto chi impersona la grande mietitrice in Master Detective, potreste non sentirvi così “in pericolo” pensando di finire prematuramente tra le sue braccia. Shinigami, ti amo!

Master Detective Archives RAIN CODE Recensione

“Non può piovere per sempre”

Master Detective è una Novel in stile anime basata sulla narrazione prima di tutto. Ogni informazione ha il potenziale di cambiare il sapore dell’esperienza, di contribuire alla soluzione di un enigma, o di svoltare un colpo di scena e congiungere due eventi apparentemente ininfluenti. Ciascun dialogo è come una goccia che conta, perciò, quanto l’intero recipiente che contiene la trama. Il gameplay è importante, ma non centrale, asservito alle necessità del racconto o usato per distribuire distrazioni e adorabili (ammiccanti) fan service, con protagonista proprio lei: la bellissima “Lady Morte” Shinigami. Ma andiamo con ordine.

Yuma è un giovane affetto da amnesia che si risveglia in una stanza degli oggetti smarriti dentro una stazione ferroviaria. Una strana voce gli rimbomba nella testa e un biglietto contenuto nella tasca della sua giacca lo identifica come “Master Detective”. Al biglietto siglato OMD, ovvero –INFORMAZIONE SECRETATA– è allegato l’invito a recarsi sul prossimo treno per la misteriosa città di Kanai Ward, dove il ragazzo spera di trovare qualcuno che possa identificarlo e aiutarlo. Non sa che, invece, sta per intraprendere un viaggio turbolento che lo condurrà vicino alla “morte” più spesso di quanto desideri. Il treno diventa ben presto un vero “Death Express” alla Agatha Christie e Yuma, se vuole sopravvivere, dovrà indagare sulla morte di –INFORMAZIONE SECRETATA-. Mentre noi, i giocatori, prendiamo confidenza con le meccaniche di gioco e con la sua lucida follia. 

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Cosa sia l’OMD, perché stia reclutando agenti nella disperata Kanai Ward (che siamo sicuri sia gemellata con Sin City) e cosa significhi essere un “Master Detective” sono tutte informazioni cruciali, che vi verranno fornite a tempo debito nel gioco. Io non faccio “la spia”, niente spoiler. Al massimo, se promettete di non raccontarlo in giro, vi posso rivelare perché per Yuma e per RAIN CODE sia così importante andare a braccetto con la morte, o meglio, con una sua emissaria: la provocante e succinta Shinigami. La voce che il protagonista aveva sentito all’inizio della storia si rivela poco dopo sotto forma di spirito guida legato a Yuna da una promessa… che è meglio non infrangere. Nonostante la sua apparenza burlona e sensuale, Shinigami è pur sempre una manifestazione dell’oblio eterno, armata di falce e tacchi appuntiti (lasciamo a voi decidere quali siano le armi più efficaci…). 

Eppure, non è di lei che Yuma e gli altri Master Detective chiamati a Kanai Ward devono preoccuparsi. La malvagia organizzazione Amaterasu Corporation è infatti infinitamente più subdola e influente a Kanai Ward, dato che la città è il centro nevralgico delle sue nebulose operazioni globali e dei suoi esperimenti. Sarà per questo che una fitta pioggia l’avvolge da anni? Orrori, veri alleati e falsi amici, omicidi e furti, inganni e scene del crimine cruente: gli indizi sono ora tutti (o quasi) a vostra disposizione. Come direbbe il Corvo nell’omonimo film “Non può piovere per sempre”, ma sarà più divertente per voi scoprire da soli come far tornare il sole su Kanai Ward, e su tutta la vicenda.

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La morte si fa Waifu

Non ci sono dubbi riguardo la validità dell’intreccio narrativo di Master Detective Archives RAIN CODE, anche prendendolo a sé stante come “storia” spogliata di ogni caratterizzazione artistica. I casi che Yuma deve risolvere sono pensati per porci di fronte a situazioni assurde e paradossali, certo, ma sempre rispondenti ad una logica coerente e perciò leggibile. Il paragone con Detective Conan sulle prime mi era sembrato influenzato dal contesto: è pur sempre un giallo noir anime con un investigatore bambino”. Però, è diventato via via sempre più azzeccato dopo ogni capitolo. Chi conosce il piccolo detective occhialuto sa cosa intendo se definisco i suoi casi “pazzi”. Per tutti gli altri, invece, parliamo di un genere crime estremamente nipponico, in cui i criminali elaborano delitti e marchingegni che farebbero impallidire il miglior McGiver, e al fine di comprendere appieno una soluzione si deve ricorrere a pensieri laterali degni di Sherlock Holmes e Moriarty. Della serie, non vi aspettate MAI che sia il maggiordomo

Anche in virtù dell’estrema particolarità delle situazioni presentate, però, è evidente che RAIN CODE perderebbe molto del suo fascino senza il cast di protagonisti eccezionale che propone. A partire da Yuna, che sulle prime non mi aveva fatto una grandissima impressione, e che solo dopo ho compreso appieno: man mano le vicende ne hanno impreziosito il design psicologico e resi più evidenti pregi e difetti. Alla fine, ho capito che anche senza le intense sferzate dei colpi di scena che lo coinvolgono, e ce ne saranno parecchi, Yuna funziona come avatar del giocatore perché parte come “tela bianca”, su cui tutti gli altri comprimari, i suoi colleghi della OMD, disegnano ciascuno un tratto fino a comporre la tela del finale. Ma un elemento su tutti, il più vicino a Yuma, è importante per lo sviluppo del giovane: la bella Shinigami. 

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Similmente a Yuma, anche la dea della morte si presenta inizialmente come un personaggio più che dimenticabile: irritante (soprattutto in forma di spiritello) e inflazionata nei modi e nelle espressioni. Ma è tutta facciata, studiata dagli sceneggiatori di Spike Chunsoft per celare un eccellente alleata per l’investigatore, nonché un personaggio femminile sorprendente. Negarlo è inutile: è stata evidentemente pensata per solleticare le fantasie maschili con tutti i mezzi possibili, che poi sono i succitati “modi inflazionati” che celano le sue complessità. Che ne apprezziate la presenza o meno avrete abiti succinti in quantità, le classiche pose e vocine sensuali delle “waifu” e un bel po’ di momenti tsundere e yandere. Se foste digiuni di topos caratteriali giapponesi, significano “ragazza tenera dentro e violenta fuori” (tsundere) e “ragazza che confonde la violenza, anche estrema, per affetto” (yandere). Detto in soldoni, ovviamente, perché come ho premesso Shinigami è un personaggio con un carattere molto più sfaccettato di così. 

Lo stesso discorso vale per ogni altro elemento che va ad aggiungersi al nutrito gruppo di eroi e antieroi (e tutto ciò che sta nel mezzo). Pur confermandomi assolutamente “omertoso” al riguardo di ogni dichiarazione che potrebbe spoilerarvi situazioni e persino soluzioni ai casi, vi voglio rassicurare almeno su questo: lato storia e personaggi, RAIN CODE è degno non solo di Danganronpa, ma combatte sul terreno delle migliori Novel e Anime di genere in assoluto. E’ una vera bomba di imprevedibilità e azione, tanto nella sostanza quanto nella forma.

Il gameplay di un detective in erba

Parlando di “simil Danganronpa” recenti ad opera di Kodaka, mi è venuto subito in mente World’s End Club (se non lo conoscete, potete leggere la mia recensione QUI). Proprio come Master Detective anche World’s End Club deve tutto alla narrazione di una storia misteriosa e dai ritmi ben serrati. Lo stile del mangaka è riconoscibile anche dai molti colpi di scena e dalle morti improvvise a sorpresa. Forse a causa degli “umili natali” e del budget limitato (World’s End Club nasce come gioco per abbonati all’allora nuovissimo Apple Arcade) l’accento fu messo con troppa decisione sulla trama, tralasciando il gameplay. Alla fine, vuoi perché fu tentato un approccio meno Novel e più “platform”, vuoi perché le virgolette su “platform” sono più che dovute, il fallimento del gameplay, scarso e troppo semplicistico, fece desistere molti dallo scoprire la ben più curata storia. 

In realtà RAIN CODE, a guardarlo bene, non è più impegnativo di World’s End Club. Risolvere i casi non richiede conoscenze di medicina forense né particolari doti deduttive e la struttura del gioco è intuitiva ma anche ripetitiva, non per forza in senso buono (non per tutti). Ogni capitolo della longeva esperienza introduce un mistero (di solito un omicidio) e spalanca le porte della città di Kanai Ward per Yuma, Shinigami e alla bisogna pure un aiutante al seguito. L’esplorazione è abbastanza guidata, solo volendolo si può deviare dai binari della storia per risolvere semplici missioni secondarie alla “vai qui, parla con Tizio, torna da Caio”. Altrimenti, si alternano scene di intermezzo pre-renderizzate in stile anime di ottima qualità, passeggiate in terza persona alla ricerca di punti di interesse e analisi delle scene del crimine, anch’esse meno complicate di quanto appare. 

Il focus è sempre e comunque sulla narrazione, scandita da dialoghi doppiati sia in inglese che in giapponese sorprendenti in entrambi i casi (di solito quelli inglesi lasciano a desiderare…). Perciò ogni crime scene è caratterizzata da telefonatissimi mirini interagibili, i quali guidano Yuma alla scoperta di “chiavi risolutive” che saranno utili solo più in là. Questi momenti riflessivi sono però il prezzo di accesso al gioco “giocato” più cadenzato e divertente. Il ritmo che li caratterizza è molto lento e, per superarli, la validità della storia potrebbe non essere uno sprone universalmente sufficiente: serve tanto amore per il noir, per lo stile anime della produzione e per gli sgangherati personaggi e situazioni alla Danganronpa. 

Raggiunta circa la metà del capitolo, poi, succede sempre qualcosa: un plot twist che mette in pericolo Yuna e costringe Shinigami ad agire in aiuto dell’ aspirante e smemorato detective in erba. Così la dea genera i labirinti del mistero, costrutti mentali simili ai palazzi della serie Persona che però non rappresentano la mente di un soggetto; bensì, rendono fisico “un mistero”, tramutando le risposte in porte e gli indizi in chiavi (sono quelle che Yuma ha raccolto esplorando Kanai Ward e analizzando le scene dei misfatti). Superarli non sarà mai una passeggiata di salute, non per Yuna (di più per noi), che oltre a dover ripercorrere il mistero pezzo per pezzo per trovare il colpevole, o i colpevoli, deve anche restare vivo mentre la struttura lo ostacola con trappole, pavimenti cedevoli e strani esseri nati dalla volontà del furfante coinvolto di non farsi beccare. Oppure, dall’’ingerenza di qualcun altro che segretamente rema contro al nostro detective, insabbiando le prove.  oltre a dover ripercorrere il mistero pezzo per pezzo per trovare il colpevole, o i colpevoli, il ragazzo deve anche restare vivo mentre la struttura lo ostacola con trappole, pavimenti cedevoli e strani esseri nati dalla volontà del furfante coinvolto di non farsi beccare. Oppure, dall’’ingerenza di qualcun altro che segretamente rema contro al nostro detective, insabbiando le prove. 

Per difendersi, Yuma viene dotato da Shinigami di una spada potentissima, con la quale può fendere le menzogne e colpire i bugiardi. Le frasi di chi si frappone fra noi e la verità ci vengono fisicamente addosso molto più tangibili del normale, costringendoci a schivarle a destra, sinistra, in alto o in basso. Non va però sottovalutato il loro contenuto verbale, perché l’unico modo di proseguire nel labirinto e superare queste lotte istanziate è scegliere a quale linea difensiva del discorso nemico rispondere con una “spadata” affilata con la chiave soluzione adeguata, l’unica in grado di smontare la dialettica avversaria. Se nelle fasi di indagini nel mondo reale abbiamo letto un documento in cui si attesta che il cielo è blu, e un mostro orribile cerca di convincerci che è rosso, bisogna inserire l’informazione “blu” che abbiamo raccolto nella spada prima di usarla, appena l’avversario ci dirà che “il cielo è rosso”. Attenzione però, nei singolar tenzoni non ci sono limitazioni di tempo, ma Yuma ha una barra della vitalità che può calare e azzerarsi. Inoltre, saranno sempre disponibili più indizi, presi a caso tra quelli raccolti e non tutti sono efficaci o risolutivi: se scegliete quello sbagliato, o vi fate colpire da una frase volante, perderete qualche HP. Tranquilli, anche se questi dovessero terminare (difficile, sono tantissimi) i luoghi di autosalvataggio sono frequenti.

Questi momenti di lotta sono standardizzati e riproposti in ogni labirinto, ma le loro modalità cambiano leggermente basandosi sulle indagini pregresse. Le situazioni specifiche seguono personaggi incontrati nel capitolo in questione, che tornano come nemici da sconfiggere (ma più mostruosi nell’aspetto, accentuando le loro criticità e difetti, o evidenziando i loro peccati). Inoltre alle lotte succitate, che si tengono sempre nella stessa arena, se ne aggiungono sempre altre basate su QTE, comunque misti alla meccanica di scelta della chiave soluzione giusta per ribattere a ogni obiezione. La difficoltà aumenta un poco proseguendo con la trama, ma visto che si può persino potenziare Yuma, offrendogli più tempo nei QTE, o aumentando la sua salute ecc., RAIN CODE non diventa mai difficile. La sensazione di risolvere il caso con questa metodologia più diretta e coinvolgente è senza dubbio azzeccata e innovativa, almeno nelle tematiche. Ma non credo sia possibile “non trovare l’assassino”. O almeno, a me non è mai successo in tutto il provato.

Per quanto siano così semplici, i labirinti del mistero sono ugualmente istanze vivaci e movimentate, oniriche e colorate, imprevedibili e divertenti. In perfetto equilibrio con la parte ludica che li precede sono stati una valvola di sfogo della tensione efficacissima per noi, e forse anche per gli addetti ai lavori. Se in Danganrompa aleggia ben distribuito e onnipresente un generale senso di follia, Master Detective Archives RAIN CODE è volutamente più settorializzato. Tiene per mano con innaturale calma nel contesto delle indagini nel “mondo reale” in cerca di prove e indizi. Poi impenna, in un’escalation di situazioni sempre al limite che dolorosamente tiene a freno, “negando” la pazzia tipica del mangaka e di Danganronpa… finchè non ce la fai più: devi sapere cosa è successo, unire i puntini che hai raccolto, scovare il/la colpevole. Veder comparire la forma più accattivante e umana di Shinigami, assicurarsi che le indagini siano finite e stiamo per menare le mani e sapere “come finisce” è una liberazione “esplosiva” e piacevolissima. Magari lo avrete già capito, ma bene specificarlo: i labirinti del mistero sono anche il paradiso del fan service legato a Shinigami, impiegata per filmati e inquadrature sempre allusive e “vivaci”. Dico solo “mini gioco della botte in costume” e mi taccio.

La classe non è… pioggia

Master Detective Archives RAIN CODE è un’ottima Novel comunque la si guardi. La storia soddisfa tanto i palati avidi di atmosfere noir e crime, quanto i fedelissimi di anime e fan service. Anche, ma non solo, a tale scopo i filmati che ritraggono i protagonisti sono di qualità molto alta, le illustrazioni a bordo dei dialoghi ben realizzate, numerose ed espressive, e anche in game la resa grafica complessiva non è male. Considerando il prezzo del gioco, la sua longevità più che soddisfacente e la validità dell’intreccio complessivo e di ogni singolo caso da risolvere, non si poteva davvero chiedere di meglio su Switch ai creatori della celebre saga Danganronpa. Se siete fan della serie non dovreste lasciarvi sfuggire RAIN CODE, che soddisferà tutti i vostri appetiti e cita a più riprese la vostra Novel preferita. Un esempio? Nonostante la crudezza delle scene del crimine non risparmi espressioni del volto deformate dal dolore, segni di strangolamento e coltellate varie, il sangue delle vittime è… rosa. Proprio come in Danganronpa. 

Piattaforme: Nintendo Switch

Sviluppatore:  Spike Chunsoft, Too Kyo Games

Publisher: Spike Chunsoft, Chunsoft

Master Detective Archives RAIN CODE potrebbe catturarvi nel suo abbraccio omicida anche se non avete mai incontrato l’orsetto più sadico del mondo Novel (quello di Danganrompa), ma a una condizione: vi deve piacere leggere, o ascoltare, una storia che non risparmia fiumi di parole al giocatore. A metà tra le avventure grafiche pure e altri generi, diversi a seconda del titolo di cui si parla, le Novel sono un unicum videoludico quasi sperimentale. A volte più, altre meno ludiche, con finali multipli o singoli, a immagini statiche o animate: ce ne sono per tutti i gusti. RAIN CODE fa uso di tutte le tecniche possibili tra quelle citate e anche oltre, ma non si può dire sia un gioco innovativo. E’ però un’eccellente esempio di come si possano coniugare toni e argomenti anche apparentemente molto distanti tra loro, e di come un buon gameplay non deve per forza essere strettamente difficile o protagonista del videogioco; ma nemmeno deve mancare del tutto, ovviamente. Soprattutto, è una storia avvincente, raccontata e visualizzata benissimo. Il caso è chiuso: mi è piaciuto davvero moltissimo. E poi, l’ho già detto che amo Shinigami? 

VOTO: 8

Vive in simbiosi con la sua Switch, segnato da un'infanzia vissuta solo sulle console Nintendo portatili. Persino la sua prima console Sony è stata la portatile PSP, il che è tutto dire. Monta video da quando erano ancora di moda gli AMV su Dragon Ball, e si usava Movie Maker pensando di essere i nuovi Spielberg. Malato di giochi competitivi ed E-sport, ma anche dal lato opposto dello spettro di GDR e Story Driven, pochi titoli si salvano dalle sue spire, e solo perchè ogni tanto deve anche nutrirsi e dormire. Ha scritto questo testo, ma di solito non parla di sè in terza persona. Così, per dire.