Nel maggio del 2020 uscì per pc il primo Sludge Life, un videogioco indie open world in prima persona dove interpretavamo Ghost, un tagger che girava per le strade sporche e surreali della sua città per poter ottenere il rispetto degli altri tagger. Sviluppato da Terri Vellman , dal rapper, poeta e artista Adam Drucker meglio conosciuto come Doseone e distribuito su PC (tramite Epic Games Store e Steam) e successivamente su Switch da Devolver Digital. Esattamente tre anni e un mese dopo, il 27 giugno 2023 è stato pubblicato il sequel del gioco, Sludge Life 2 con la stessa squadra vincente del primo capitolo, ovvero con Terri Vellman e Dosone come sviluppatori e Devolver Digital come publisher. Il secondo capitolo della saga semplicemente vuole confermare tutte le caratteristiche del suo predecessore ed espanderle leggermente per migliorare l’esperienza del giocatore. Noi di GamesVillage abbiamo avuto la possibilità di provare qualche mese fa la demo del gioco che potete leggere qui, ma oggi si parla di Sludge Life 2 fatto e finito che abbiamo giocato su PC e condivideremo con voi la nostra esperienza, quindi preparate la vostre bombolette spray e le vostre canzoni preferite perché stiamo per entrare insieme nel mondo di Sludge Life 2.
Sludge Life 2: Rapper Wanted
Il gioco si presenta come un’avventura che il nostro protagonista Ghost dovrà intraprendere per scoprire che fine ha fatto il rapper Big Mud, della quale non si hanno più notizie dopo una notte di festeggiamenti. Ed essendo noi il suo manager, non è bello che ci sia scomparso da sotto al naso. Il nuovo capitolo di Sludge Life inizia in una vasca da bagno, dove ci siamo risvegliati dopo la grande festa del giorno prima e veniamo introdotti alla nostra missione da un singolo dialogo con un nostro compagno che disperato ci annuncia la scomparsa di Big Mud e da quel momento in poi è tutto nelle nostre mani e veniamo lanciati in Ciggy City, un luogo che non importa quante volti lo visiti, perdersi è sempre possibile. L’introduzione seppur corta è perfetta per questo gioco, in quanto ti butta subito senza farti attendere all’interno del punto forte del gioco, ovvero l’esplorazione del sogno febbrile che è Ciggy City, in più non c’è nessun obbligo da parte del giocatore o obiettivo su schermo da seguire, il giocatore può anche disinteressarsi al ritrovamento di Big Mud e concentrarsi sullo scoprire la città e disegnare graffiti sui muri degli edifici con le nostre bombolette spray. Infatti al gioco non interessa raccontare una storia, nonostante la racconti, non si cura di dirci cosa fare o dove andare, vuole solo che il giocatore faccia ciò che più gli piace, un esempio sono gli strumenti che saranno possibili trovare in giro per Ciggy City, come il deltaplano per rallentare le cadute o la macchina fotografica, oggetti che di primo impatto potrebbero essere importanti per procedere con la storia, ma che in realtà esistono semplicemente per dare al giocatore un piccola ricompensa per aver esplorato la città e dargli la possibilità di esprimere la propria creatività. Certo, in giro si trovano indizi sulla posizione attuale di Big Mud, ma non sono passaggi obbligatori e servono più come scusa per continuare a esplorare. Purtroppo questa grande libertà porta ad un piccolo problema, ovvero la totale assenza di sfida, problema che era presente anche nel precedente capitolo, infatti il gioco si può completare in meno di quattro ore, non essendoci veri e propri ostacoli che impediscono al giocatore di proseguire, rendendo l’esperienza insoddisfacente per alcuni giocatori, andando a ridurre anche la rigiocabilità.
Ciggy City, Ciggy Life
Ciggy City è la vera protagonista di Sludge Life 2, gli sviluppatori hanno creato un ambiente unico, suggestivo ed estraneo a qualsiasi città conosciuto dall’uomo, essa possiede un’architettura stravagante e un’estetica psichedelica. Parlare con i personaggi che troviamo in giro è un piacere, perché non si sa mai cosa potrebbero dire o perché stiano facendo qualunque cosa stiano facendo, come uno spazzino che vive in un cassonetto per attaccamento al lavoro. Unendo tutti i pezzi però emerge il quadro completo della situazione ovvero che il gioco è una forte critica al sistema dominante, con la città che è di fatto in mano alla multinazionale GLUG, il produttore delle Ciggy Cig, alla quale Big Mud ha dedicato una canzone di elogio, guadagnandosi la fama tra il suo pubblico di un venduto. Così, insieme alle su molte stramberie, Ciggy City appare come una città in subbuglio, in cui gli abitanti faticano a vivere degnamente a causa dell’inquinamento e delle politiche oppressive della multinazionale, spalleggiata dal potere politico. Sludge Life 2 si presenta quindi come un grande palcoscenico teatrale in cui improvvisare e disegnare graffiti sui muri. Ogni angolo della città è una sorpresa che può contenere scene drammatiche o comiche, tutto sta dal punto di vista con la quale le si interpreta. La grafica del gioco è una testimonianza della visione creativa alla base di Sludge Life 2, si è cercato di creare un’atmosfera così densa da poterla assaporare. L’intero gioco è una festa per gli occhi, riuscendo a essere rancido e bello allo stesso tempo. I bassifondi, luridi e inquinati del gioco vanno ad esaltare il colore dei graffiti che lasciamo in giro per la città. Il modo in cui il colore risalta nell’atmosfera malridotta ci fa credere di star facendo un servizio al mondo con ogni tag che aggiungiamo, un bellissimo tributo all’arte dei graffiti.
Gli immortali anni ’90
Lo stile visivo del gioco è strettamente collegato agli anni ’90, infatti Sludge Life 2 sembra voler rappresentare un sistema di gioco diverso da quello alla quale ci siamo abituati negli ultimi anni. C’è una grandissima ispirazione agli ambienti del mondo underground che molti giochi in passato hanno usato per prendere spunto su temi e stili come Umurangi Generation o Hotline Miami. Alcuni esempi in Sludge Life è lo stile grafico, ispirato ad un fumetto underground, con personaggi dai tratti esagerati, oggetti stilizzati, colori sporchi, ossessione per la musica rap e l’utilizzo di tecnologie che oggi definiremmo obsolete, come il grosso laptop che Ghost lancia in giro ogni volta che si esce dal menù invece di un più moderno smartphone o le cassette che possiamo trovare in giro con 5 brani inediti per il gioco. Andando a parlare più in generale ci sono tante interazioni che danno l’idea di un mondo vivo pur non essendo collegate alla risoluzione di enigmi o alla storia. Se avete giocato il primo Sludge Life non sarete poi troppo sorpresi di questa descrizione, visto che di fatto ci troviamo di fronte a un’opera completamente allineata a quella che l’ha preceduta. Il mondo è più grosso, ci sono più piattaforme su cui saltare per raggiungere i muri su cui disegnare, ci sono più cose da scoprire, più segreti e più personaggi, ma l’esperienza generale sembra essere assolutamente quella del primo capitolo, il che non è un male, ma porta chi non ha tanto amato il primo Sludge Life ad allontanarsi da questo gioco, non trovando nulla di interessante e nuovo da poter attirare la loro attenzione, anche se probabilmente il gioco è stato sviluppato tenendo in considerazione questo fattore.
Configurazione di prova:
GPU: NVIDIA GeForce RTX 3060
CPU: 11th Gen Intel(R) Core(TM) i5-11400F @ 2.60GHz
RAM; CORSAIR Vengeance RGB Pro Series 32GB DDR4 3200MHz CL16 32GB
SSD NVME: 500 GB Samsung 970 Evo Plus
Sistema Operativo: Windows 11
Monitor: LG 24GL600 – F
Piattaforme: PC
Sviluppatore: Terri Velman, Doseone
Publisher: Devolver Digital
Sludge Life 2 ha tutte le carte in regola per tornare ad essere apprezzato da chi ha già giocato al primo episodio con protagonista il tagger Ghost. Terri Velman con l’aiuto dell’artista Dosone, ha creato un ottimo seguito, un tesoro indie che eccelle nel suo stile artistico unico, nell’esplorazione del mondo aperto e nei suoi personaggi stravaganti. Gli ambienti sgangherati e l’enfasi sul sovvertimento dello status quo sono fondamentali per l’anima del gioco. Preparate le vostre bombolette spray e la vostra musica preferita perché con Sludge life 2 si parte per l’avventura in una città suggestiva e psichedelica, un’esperienza che poche persone possono dire di aver fatto.