One Piece

One Piece Recensione: siamo sulla rotta!

“My sails are set and I’m coming home: le parole della canzone di AURORA, colonna sonora della serie live-action One Piece, chiude il sipario della prima stagione mentre la nave dei Cappello di Paglia spiega le vele verso l’orizzonte. Abbiamo avuto la possibilità di vedere in anteprima la serie Netflix, trovandoci a dover pesare sulla bilancia tutti gli elementi che rendono il live-action basato sui manga creati da Eiichiro Oda uno dei riadattamenti più temuti di sempre. Sono settimane che va avanti la discussione su cosa aspettarsi e cosa no da questa serie, mentre il pubblico trema di fronte alla terribile possibilità di vedere uno dei manga più famosi di sempre rovinato dal live-action – e l’esperienza di Dragonball Evolution o Death Note ci insegnano che al peggio non c’è mai fine per i riadattamenti degli anime – il cuore e la passione messi all’interno del progetto hanno sicuramente dato i loro risultati, e la serie è risultata più che godibile. Ma andiamo con ordine.

One Piece

Cannonate di effetti speciali

Basato su uno dei franchise nipponici più noti e iconici di sempre, creato dalla fervida immaginazione di Eiichiro Oda, One Piece è una leggendaria avventura di mare come nessun’altra. Monkey D. Luffy è un giovane avventuriero che ha sempre sognato una vita di libertà e parte dal suo piccolo villaggio per affrontare un pericoloso viaggio, alla ricerca di un leggendario tesoro: il One Piece, la cui conquista lo consacrerebbe come Re dei Pirati. Ma, per trovare il bottino, Luffy dovrà riunire l’equipaggio che ha sempre desiderato e trovare una nave su cui salpare, perlustrando ogni centimetro dei vasti mari, scampando ai Marines e superando in astuzia pericolosi rivali ad ogni occasione.

Il progetto era ambizioso, gigantesco, e complesso. Si trattava di riportare in live-action un manga di per sé assurdo, un fantasy epico piratesco con personaggi esuberanti ed eccentrici, pieni di sfaccettature e capaci di abilità sorprendenti che riempiono la maggior parte dei momenti sullo schermo; per non parlare delle navi, dei mostri marini, di tutto quello che rende unico e originale il mondo di One Piece, e tutto questo richiedeva un enorme sforzo dalla computer grafica. Non c’era modo di ovviare o deviare l’attività degli effetti speciali, e nei trailer il parere generale è stato generalmente negativo: per certi versi troppo animato per sembrare reale, per altri troppo realistico da sembrare un manga.
Il punto è che entrambe le affermazioni sono corrette. Su alcuni punti, ci sono dei dettagli fin troppo curati e ripresi dall’anime in modo identico: i Lumacofoni ad esempio, gli abiti indossati dai personaggi, le ambientazioni e le scenografie, tutto talmente simile all’opera originale da creare forte contrasto con il contesto generale della scena. Altri dettagli, invece, come ad esempio le navi o l’impostazione dei personaggi, risultano più maturi, realistici, come se nella serie fosse stato presente il desiderio di fondo di rendere la serie lievemente più adulta, almeno rispetto ai primi capitoli del manga. Tuttavia, il risultato risulta singolarmente omogeneo già dalla prima scena, l’iconica esecuzione di Gold Roger: il mondo che va a crearsi è estremamente simile a quello disegnato tra le pagine dei fumetti e reso poi vivo dall’animazione. Le città, i luoghi, i personaggi insieme non danno la sensazione di essere finti, anche se sicuramente la computer grafica può far storcere un po’ il naso in diverse scene.

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Deviazioni di rotta

La principale paura quando vengono proposti riadattamenti live-action di serie anime o manga, è legata principalmente alle varie differenze e alle svolte di trama. Fortunatamente i pochi, ma decisi, cambiamenti che sono stati fatti all’interno della serie live-action, non vanno a modificare la naturalezza con cui scorre la trama, e non snaturano nemmeno i punti salienti dell’opera originale.
La serie cerca invece di approfondire tramite le deviazioni, con delicatezza e senza esagerare, alcuni punti fondamentali della storia, come ad esempio i caratteri dei personaggi, i loro intrecci nel corso degli episodi, e i cambiamenti fatti mantengono comunque lo stesso stile bizzarro e ironico di One Piece, senza creare situazioni imbarazzanti dove nemmeno la sospensione del reale può andare ai ripari.
Molto interessante è l’aggiunta di piccoli dettagli di ambientazione non presenti nell’opera originale – o se sono presenti, sicuramente non nei primissimi capitoli: ad esempio i Lumacofoni portatili. Alcuni personaggi mostrano di avere questi piccoli Lumacofoni da orecchio, come se fossero degli auricolari, per parlare a distanza mentre fanno altro – come ad esempio Mihawk, che si intrattiene al lumacofono mentre abbatte tranquillamente qualche nemico con la sua Yoru.
Una delle più grandi differenze che arricchiscono il live-action, è da ricercare nella quotidianità piratesca: si sussegue durante gli episodi l’utilizzo frequente di termini marinareschi, come gli ordini a bordo oppure le componenti delle navi, mostrando anche quanto l’intera Ciurma di Cappello di Paglia sia impreparata a navigare, dando un vero senso di difficoltà alla decisione di Luffy di diventare un pirata, perché diciamolo: senza conoscenze già è tanto riuscire a far muovere la nave in mare.
Un grande, immenso, tremendo cambiamento c’è, l’elefante nella stanza: il lungo naso di Usopp tremendamente reciso, così come la conseguente metafora del Pinocchio di One Piece, che ha costituito un cambiamento impossibile da tollerare. Ironia a parte: l’assenza del lungo naso di Usopp, scambiato con un naso più realistico, non pesa così tanto ai fini della storia e, per sottolineare questo cambiamento, viene anche simpaticamente tolto nel Jolly Roger che Usopp disegna di sé stesso, ridimensionandolo a grandezza umana. Un dettaglio divertente, che sottolinea una scelta importante: tutte le modifiche apportate al live-action che sono state e saranno criticate, vengono usate nella serie come elementi di forza, vantaggi e opportunità per fare battute, creando momenti ironici che strappano un sorriso.

 

I Protagonisti di One Piece: la Ciurma di Cappello di Paglia

Sul cast principale si è già detto molto, e almeno su questo il pubblico è piuttosto concorde: la Ciurma di Cappello di Paglia ha un cast quasi perfetto. Si parte ovviamente da Iñaki Godoy, che non interpreta, bensì è Luffy in carne e ossa – parole di Oda.
L’attore ricalca l’anima del personaggio sotto ogni aspetto, se non fosse che nella serie hanno cercato di smorzare la sua demenzialità per inserirla in un contesto più reale, mantenendo comunque sacra la genuinità che rende tale il personaggio.
Zoro, Sanji e Usopp ricalcano perfettamente i personaggi. La gelida razionalità di Zoro, nonché il suo freddo umorismo; l’atteggiamento sprezzante, galante e gentile di Sanji; e la simpatia di Usopp con le sue fantasiose bugie vengono riportati perfettamente sullo schermo, mantenendo le loro somiglianze con i personaggi originali. Lievemente diversa è invece Nami, la cui scaltrezza viene intaccata dalla malinconia che porta con sé il personaggio, ma avremo modo di parlarne meglio più avanti.

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I Nemici: Bagy e Arlong

Bagy e Arlong sono due dei quattro principali nemici che la ciurma di Cappello di Paglia dovrà affrontare, e su entrambi è stato fatto un grande lavoro. Per Bagy, infatti, la difficoltà era riuscire a rendere bene il potere del Frutto Puzzle Puzzle, abilità che permette al suo corpo di separarsi e fluttuare nel vuoto. Bisogna dire che almeno su questo potere la computer grafica ha fatto un lavoro estremamente positivo, ma non solo: il trucco, l’abbigliamento e il carattere del personaggio una forte armonia che rende la presenza scenica di Jeff Ward nei panni del Pirata Bagy il Clown una potenza inquietante. Il personaggio è stato, infatti, reso un nemico più sentito: meno sciocco rispetto all’originale, altrettanto buffo su certi aspetti, ma anche pericoloso in un senso molto più concreto. Jeff Ward ha dato a Bagy un’interpretazione unica che ha messo quasi gli altri nemici sullo sfondo, e forse questo può essere un difetto, perché è riuscito a offuscare persino Arlong.
Per quanto riguarda quest’ultimo, tutti lo pensano e molti lo dicono, persino durante la serie: ce lo aspettavamo più imponente. In origine Arlong è infatti uomo-pesce senza scrupoli capace di incutere soggezione e paura, un pirata vendicativo del quale però risulta più grande il desiderio di mantenere il controllo con la violenza, per il mero senso di superiorità che prova nei confronti degli umani, celando la vera motivazione che lo spinge ai cruenti gesti di cui si fa artefice, risultando quindi ignobile e insensibile. Piccola nota: certamente Arlong appare così solo nei primi capitoli del manga, perché chi è in pari con l’opera originale sa benissimo che anche questo personaggio viene scavato un po’ più in profondità. Tuttavia, nel live-action, se il trucco fatto a McKinley Belcher III, interprete dell’uomo-pesce, può risultare poco convincente e troppo piccolo per rappresentare il terribile pirata, la motivazione che spinge il personaggio a costruire Arlong Park, dichiarandosi possessore del Mare Orientale è ancora più profonda, sottolineando con la cruenta vendetta un passato più violento, su cui però si tace.

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La Marina in One Piece: Garp, Kobi e Helmeppo

Un piccolo sguardo alla Marina è d’obbligo. Netflix ha voluto rendere la presenza di questo onnipresente nemico ancora più costante, portandola a inseguire incessantemente i protagonisti per tutta la durata degli episodi. Tra i membri più visti della marina emerge sicuramente Garp, forse il personaggio che avrebbe potuto dare di più e da cui si è trapelato molto poco, nonostante Vincent Regan abbia calcato bene i panni del viceammiraglio.
Tuttavia il carattere di Garp è stato trattenuto, un po’ sporcato, reso tale solo dal suo obiettivo che svelandosi alla fine risulta veramente debole.
Più azzeccati i ruoli di Kobi ed Helmeppo, interpretati da Morgan Davies e Aidan Scott, giovani cadetti dei quali abbiamo seguito le gesta con più attenzione, e dei quali è stata subito delineata la caratterizzazione. Forse un po’ troppo pauroso il Kobi di Netflix, che sembra non uscire dal proprio guscio nemmeno di fronte alla vittoria, ma probabilmente questo può risultare per via della presenza più frequente del personaggio rispetto all’opera originale.

One Piece è la storia di Luffy, o la storia di Nami?

La canzone scritta da AURORA per la serie, il percorso tracciato durante gli episodi, e il modo in cui viene affrontata la trama sembra puntare una luce sul personaggio di Nami. Nel corso della serie questo peso che la ragazza porta con sé sembra persino offuscare il sogno di Luffy e la sua presenza sullo schermo, portandola a condividere il suo peso taciuto con il pubblico, separando progressivamente l’attenzione dal gruppo per cercare di capire meglio le sue motivazioni, svelate poi nel finale di stagione.
C’è da dire che anche nell’opera originale la storia di Nami si spiega dopo quella dei suoi compagni, perché conclude un arco narrativo e serve a dare peso al significato profondo che rende poi speciale e unico il personaggio di Luffy e l’intera ciurma di Cappello di Paglia.
Nami, quindi, è un personaggio fondamentale da esaminare – nell’anime originale appare persino prima che Luffy esca fuori dal barile – perché la sua storia è la spinta finale che serve a Luffy e alla Ciurma per sugellare il loro patto di amicizia.
È vero, tuttavia, che durante gli episodi la presenza di Nami e il suo ruolo si fanno sempre meno silenziosi, tanto da porsi una domanda: ma la storia è di Luffy e della sua ciurma, o di come Nami è riuscita a risolvere il suo passato? Possibile che la risposta dipenda dalla percezione. Sicuramente, essendo una serie che aveva bisogno di una trama con cui avvistare la seconda stagione senza andare avanti a oltranza, il pretesto della storia di Nami era forse il più adatto per non far risultare alcuna forzatura nella trama.

 

One Piece è una storia leggendaria, un’avventura per mari che prende il largo nelle nostre più fervide immaginazioni, portandoci all’interno di un mondo assurdo, nuovo, dove i valori più forti e puri diventano caposaldo dell’intera opera. Forse è questo il motivo per cui l’amore nei confronti della serie manga creata da Eiichiro Oda è accompagnata da una durissima difesa da parte dei fan più scettici.
Tuttavia, il sogno dietro la ricerca del One Piece è rimasto intatto durante lo svolgimento del live-action, così come è intatto il messaggio che la serie vuole mandare.
Teniamo sempre a mente che dietro le mappe che disegnano il mondo di One Piece c’è inevitabilmente Eiichiro Oda, un marchio di garanzia per tutti gli appassionati, ai quali si consiglia di non avere grandi pregiudizi e godersi l’opera come quella che è, ovvero un riadattamento dell’originale, godibile anche per coloro che non sono fan.
Si può sicuramente fare di meglio, ma per essere la prima stagione sicuramente siamo sulla rotta giusta.