Interfacciarsi con il passato è sempre cosa buona e giusta, specie in un panorama che spesso dimentica i fasti di un tempo e non sembra aver imparato molto da ciò che ha proposto. Con Ufo Robot Goldrake Il Banchetto dei Lupi, lo ammettiamo, ci saremmo aspettati un videogioco che andasse ben oltre quel tipico alone di mistero che lo aveva sempre celato per tenerlo protetto. Sviluppato da ENROAD e pubblicato da Microids, l’opera riprende fedelmente gli stilemi e le narrazioni del robot creato da Go Nagai, non riuscendo però a proporre una struttura moderna nel suo game design e, soprattutto, una visione dell’insieme necessario per fronteggiarsi con altri videogiochi.
L’operazione, chiaramente a basso budget, poteva in realtà dire la sua come tante altre produzioni, ma qualcosa è andato storto nel reale processo produttivo, mettendoci di fronte a un videogioco maldestro e claudicante, certamente provvisto di qualche pregio, colmo tuttavia da difetti che non possono passare inosservati. Interfacciarsi con il passato, in tal senso, dovrebbe essere una cosa calorosa, un modo come un altro per riconnettersi con quanto è stato fatto di buono e con ciò che, soprattutto, poteva essere perseguito con maggiore cura e lavoro del materiale originale.
In tal senso, il vasto universo di Ufo Robot Goldrake è qualcosa di potenzialmente immenso: si trattava dei mecha prima che diventassero di moda in Armored Core, e si parlava un linguaggio che, in un certo senso, riusciva sempre a trovarsi nel momento migliore per proporsi agli spettatori più appassionati. Qualcuno potrebbe sentirsi vecchie a leggere queste righe, considerando che si tratta di tornare indietro a un po’ di tempo fa, per la precisione gli anni ’80, quando l’animazione giapponese cominciava a dare il meglio di sé e arricchire con consapevolezza e passione la propria visione nel mondo dell’intrattenimento. Creare un videogioco su Ufo Robot Goldrake poteva essere un’occasione per delineare qualcosa di nuovo, di certamente migliore rispetto a cosa abbiamo avuto modo di provare e vivere negli ultimi giorni. La nostalgia non è spesso un valore, e non può considerarsi un metro di giudizio valido per concentrarsi unicamente su una qualsiasi opera. Con Ufo Robot Goldrake – Il Banchetto dei Lupi, infatti, c’è effettivamente poco per cui essere genuinamente felici.
Ufo Robot Goldrake Il Banchetto dei Lupi: una storia raccontata con difficoltà
Rifacendosi pienamente agli avvenimenti dell’anime e a cos’è stato raccontato in passato, il videogioco di ENROAD esplora i principali avvenimenti classici dell’anime, infilandosi in una narrazione tipicamente solenne e comunque convincente (anche grazie allo storico del passato in termini audiovisivi), se non fosse estremamente frammentaria e fuori tempo massimo a causa di dialoghi non particolarmente brillanti dal punto di vista della scrittura. La storia racconta di Actarus/Duke Fleed, un nobile principe spaziale che si ritrova, suo malgrado, senza una patria a causa dell’Impero di Vega, che ora si concentra minacciosamente sul pianeta Terra, nuova casa del giovane, intenzionato a proteggerla per non vedere un’altra casa distrutta a causa di un potere malvagio ormai costantemente in espansione.
Pronto a impedire che accada e a fare di tutto perché non succeda qualcosa di irrimediabile, Duke Fleed veste i panni di Goldrake, una macchina capace di trasformarsi in un mecha gigante e, nel frattempo, di sbarazzarsi dei nemici come una navicella spaziale. Parte del mito legato a Goldrake, infatti, è fedelmente rappresentato su schermo con grande passione e intelligenza, con il team di sviluppo che era sicuro di poter basarsi unicamente sui fasti di un tempo per arrivare all’obiettivo e confermare, quindi, qualcosa di realmente positivo all’interno dell’impalcatura narrativa. Cosa manca davvero, però, è la profondità e un lavoro maggiore sui dialoghi: al riguardo, il doppiaggio in italiano è certamente fra i migliori; a risultare poco avvincente, è la scrittura dei sottotitoli a risultare poco convincente e troppo, davvero troppo approssimativa e priva del guizzo giusto. Anche se Goldrake si ritroverà in situazioni complesse, spesso intricate e difficili, mancherà sempre l’atmosfera giusta, con pochi reali spunti interessanti nel processo narrativo dell’opera, prosciugata allo stesso tempo dalla stessa nostalgia che però, in un modo o nell’altro, avrebbe dovuto incontrarsi con la modernità e i canoni dell’epoca. Sia chiaro, avere un videogioco su Ufo Robot Goldrake è ottimo: ce n’è ovviamente bisogno, specie per non dimenticarsi una delle serie più importanti dell’animazione giapponese e della cultura pop. Peccato che, al contrario di quanto ci aspettassimo, il resto arrivi alla sufficienza quasi per il rotto della cuffia.
Ufo Robot Goldrake: tanto cuore, poca sostanza
In un periodo in cui il game design è lo scheletro stesso di una produzione qualsiasi, Ufo Robot Goldrake Il Banchetto dei Lupi ne propone uno sfortunatamente fuori tempo massimo. Non brilla, non meraviglia e non lascia sorpresi; anzi, non sa esattamente cosa vuole essere. Il videogioco è un action tridimensionale in cui si muove Goldrake (e all’occorrenza anche Duke Fleed) in giro per immense mappe che rappresentano la Terra al suo stato naturale, fra alberi, città e molto altro. Se gli scontri da una parte sono più o meno accettabili, considerando che l’opera si basa proprio su di essi, dall’altra l’esplorazione e la gestione delle missioni s’infrangono con il presente, un presente che offre produzioni che ora sanno realmente il fatto loro e anche molto di più.
Le battaglie, non particolarmente scoppiettanti e innovative, procedono lentamente e non lasciano mai con il fiato sospeso. Parte della gestione delle risorse avviene attraverso la rigenerazione, che può curare le ferite inferte dai nemici. Niente di troppo complesso, sia chiaro: le battaglie avvengono in maniera non particolarmente brillante e lasciano poco spazio all’inventiva e all’approccio, con alcune di esse guidate. In tal senso, compare sopra la testa dei nemici un simbolo che suggerisce quale abilità di Goldrake adoperare, togliendo così al giocatore un coinvolgimento che avrebbe garantito un divertimento maggiore e più ispirato, nonché meglio amalgamato nella profondità di gioco.
Purtroppo, ciò non è stato possibile e lo si nota, soprattutto, attraverso i tipici stilemi che non vengono mai approfonditi a dovere. In particolare, a mancare di mordente è la personalizzazione di Goldrake e la sua evoluzione, con pochi reali cambiamenti al suo assetto. Avremmo preferito avere più voce in capitolo per quanto concerne le implementazioni, con le risorse e gli oggetti ottenibili nel corso dell’avventura, alcuni dei quali utilissimi per migliorare Goldrake e accrescerne le abilità. Come accennavamo prima, talvolta il videogioco cambia e mette nei panni di Duke Fleed direttamente, dando così al giocatore la possibilità di esplorare il gioco sotto un altro punto di vista, più personale.
Anche in questo caso, però, la meccanica non è stata adeguatamente superata, con missioni che portano a parlare con altri personaggi e si esauriscono così, non dando particolari stimoli a esplorare totalmente cosa può esserci di buono. Pensiamo, inoltre, che l’esplorazione delle mappe sia estremamente poco legata e ben amalgamata, con Goldrake che si muove da un punto all’altro in tutta la sua maestosità. In tal senso, a risultare poco convincenti sono le città e i villaggi, centri abitabili che non si possono in alcun modo visitare sia nei panni di Goldrake quanto di Fleed. Un vero peccato, specie per chi avrebbe voluto un maggiore coinvolgimento.
Un profilo tecnico claudicante
L’impatto visivo all’interno di Ufo Robot Goldrake Il Banchetto dei Lupi , purtroppo, non offre particolare emozioni. La grafica è in cel-shading e le definizioni ambientali avrebbero dovuto essere più colorate e precise, con cromatismi migliori; al contrario, si nota una mancanza generale di profondità nello spazio e, soprattutto, con quanto avviene da lontano. Al riguardo, è fondamentale sottolineare che le texture, in alcune occasioni, non caricano in modo efficace quanto dovrebbe essere mostrato a schermo, e che il videogioco, oltre a risultare poco bello da vedere, offre una natura grafica che non colpisce affatto.
Sfortunatamente, neppure la direzione artistica offre scenari eccelsi. A risultare certamente ben realizzati, sia nella struttura ludica che in quella narrativa, è la parte da visual-novel in cui si è chiamati a compiere delle scelte che però non plasmano affatto il destino di Goldrake e di Duke Fleed. Al riguardo, quest’ultimo e la sua gestione è uno dei pochi punti a favore di un’opera che, a causa dei problemi sopracitati, non riesce a trovare affatto il suo massimo e non brilla.
Piattaforme: PS4, PS5, PC, Xbox One, Xbox Series X|S, PC, Switch
Sviluppatore: ENROAD
Publisher: Microids
Una proposta ludica non particolarmente efficiente, sorretta tuttavia da una storia comunque modestamente raccontata ma colma, purtroppo, di alcune incertezze ludiche che lasciano con l’amaro in bocca. Un maggiore impegno futuro, specie per quanto concerne il game design, potrebbe effettivamente mostrare lo studio di sviluppo per quello che è in realtà totalmente. A tal proposito, ci sono comunque elementi positivi: la fedeltà su tutte, che è rappresentata in modo peculiare e particolareggiato, oltre che appassionato e ben condensato al suo interno. A non essere ben supportato è, purtroppo, il lato tecnico, davvero claudicante, oltre a una direzione artistica che non colpisce affatto nel segno.
