Sono passati poco più di 10 anni dal debutto cinematografico di Hunger Games: un successo innegabile che ci ha travolti e lasciati orfani, almeno fino a quando Suzanne Collins non ha deciso di rimettersi al lavoro sulla distopia di Panem per approfondirne alcuni elementi. Primo fra tutti, come si è arrivati alla situazione sociale e politica in cui sono state ambientate le vicissitudini di Katniss Everdeen? Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente amplia la linea temporale degli Hunger Games, rappresentando i difficili esordi della sensazionalistica trasmissione dei Giochi attraverso la storia di uno dei personaggi più odiati degli stessi, Coriolanus Snow. E se il libro tende a perdersi in particolari utili ma non per forza coinvolgenti, la trasposizione portata sul grande schermo da Francis Lawrence, già regista de La ragazza di Fuoco e Il canto della rivolta, è un turbinio di emozioni, colpi di scena e adrenalina, una corsa continua che annulla il peso della durata temporale della narrazione.
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente… gli Snow si posano in cima
La neve, posandosi su oggetti, luoghi, persone, ne annulla la loro esistenza, si ammassa in cima, trasforma tutto in… neve. Concetto fondamentale da tenere a mente per la costruzione dell’identità della famiglia Snow, convinta e abituata a essere al di sopra di tutto, proprio come l’agente atmosferico con cui condividono il cognome. Figlio di una personalità di spicco, Coriolanus Snow (Tom Blyth) inizia il suo viaggio in questo film in condizioni molto umili, poiché la sua famiglia, un tempo benestante, è caduta in disgrazia dopo la guerra, vergognandosi tremendamente di questa nuova condizione sociale in cui è costretta a vivere. Coriolanus fa infatti di tutto per mantenere salde le apparenze, soprattutto quando si trova all’Accademia, circondato dai pupilli della ricche famiglie della capitale, e riversa tutte le sue speranze nella borsa di studio ogni anno donata al miglior studente. Peccato che, proprio quando pensa di essere a un passo dall’ottenerla, questa venga vincolata a un nuovo programma di tutoraggio legato alla decina edizione degli Hunger Games. Ognuno di loro dovrà occuparsi di un tributo, venderlo nel migliore modo possibile al pubblico dei giochi e cercare di portarlo alla vittoria. La cosa peggiore che possa succedere a Snow? Che gli venga affidata la ragazzina del Distretto 12. Ma Lucy Gray Baird (Rachel Zegler) non è una impaurita, denutrita e sprovveduta bimbetta, come tutti si aspettano che sia, e tra i due si instaura subito un rapporto molto particolare. Entrambi corrono rischi e infrangono regole, testardi e disposti a tutto pur di raggiungere il loro scopo. Nata nell’arena, la loro relazione cresce rapidamente, ben oltre ciò che gli spettatori di Panem possono vedere e si sviluppa nel tempo, accompagnandoci in una storia che ci racconta molto più di quello che si possa pensare.
Sotto la neve
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente è un film che esplora la dualità, proprio come suggerito dal titolo, che tutti noi abbiamo dentro. Siamo luce e buio, bene e male, gioia e dolore: ogni decisione che prendiamo ci spinge lungo un percorso che rivela il nostro vero io. Questa idea non si ferma solo all’apparente protagonista della storia, ma abbraccia tutti i personaggi, i luoghi e gli eventi, costruendo un intricato ma affascinante sistema di moralità, evoluzione, dubbio e successo. E, come spesso è accaduto nella saga di Hunger Games, sono i giochi a fare da catalizzatore e manipolare la natura umana, a funzionare come quell’unico marchingegno in grado di intercettare la realtà e smascherarla di ogni artefatto sociale. Quei giochi che abbiamo sempre visto al loro massimo splendore ma che, alla soglia dei loro dieci anni, stavano per essere dismessi:
Ci siamo divertiti a costruire questo mondo. La storia si svolge proprio alla nascita degli Hunger Games, ci sono molte cose che il pubblico ha vissuto nei film originali ma che qui non esistono ancora. Decostruiamo i Giochi e torniamo indietro nel tempo per vedere come si sono evoluti. Abbiamo descritto come il paesaggio dell’Arena sia cambiato, come Capitol abbia iniziato a influenzare i giochi e come il pubblico di Panem abbia iniziato a partecipare, invece di limitarsi a guardarli. È stato creativamente soddisfacente ridimensionare la tecnologia e arrivare a questi elementi fondamentali.
E lasceremo che siano queste parole di Francis Lawrence a dire tutto, senza aggiungere nulla che potrebbe rovinare l’esperienza a qualcuno che non abbia già confidenza dal libro da cui il film è tratto.
Ma chi è davvero il cattivo?
Anni e anni a pensare che Snow fosse la cosa peggiore che potesse capitare a Panem per poi scoprire che, nel suo passato, si nascondono personaggi forse addirittura più discutibili di lui. Non tutti nascono dispotici dittatori, no? E la formazione di Coriolanus non viene solo influenzata dal dopoguerra, dal pesante retaggio lasciatogli dal padre, dal rapporto con Lucy Gray Baird e l’esperienza dentro e fuori l’arena. Ci sono altre due figure che hanno un peso non indifferente sulla sua formazione umana: la dottoressa Gaul (Viola Davis) e il decano Highbottom (Peter Dinklage). La prima è la stratega dei giochi, una figura di sconfinata crudeltà che ama rifugiarsi nel suo laboratorio per creare armi sperimentali che permettano ai giochi di essere sempre più di intrattenimento. È lei che crea e porta al primo utilizzo di ibridi nei giochi. È stravagante, spaventosa e convinta di avere potere su tutto e tutti. A lei si affianca Highbottom, decano dell’Accademia e primo grande ostacolo alla carriera di Coriolanus. Su di lui grava il senso di colpa per aver dato il via ai giochi, proposti come uno scherzo insieme al defunto padre di Snow per escogitare una punizione così estrema che i Distretti e i ribelli non potessero mai dimenticare quanto male avessero fatto a Panem. “Per Highnottom, Coriolanus rappresenta suo padre: ha il suo aspetto, la sua voce e il suo comportamento. Ha la sensazione che la storia si ripeterà, non si fida di questo giovane e lo tiene d’occhio per una buona ragione”. E sono entrambi talmente tanto fermi e convincenti nelle loro ideologie, da far apparire, al confronto, Snow come l’eroe buono e giusto della situazione. Ed è un conflitto che si dipana su tutta la sceneggiatura de La ballata dell’usignolo e del serpente, costruita in modo da farti mettere costantemente in dubbio la direzione morale dei personaggi, gli interessi, gli obiettivi finali, il movente dietro ogni comportamento. Di chi fidarsi? Chi è davvero il cattivo? A chi credere? Sì, domande che lo spettatore si troverà a porsi anche a riguardo di Coriolanus Snow, pur sapendo benissimo quale sia il suo destino e futuro.
Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente dimostra quanto Francis Lawrence sia il regista perfetto per lavorare su questa saga e renderla fruibile da ogni tipo di pubblico, presentandogli una storia costruita su diversi livelli, in grado di raccontare diverse sfumature della stessa storia, circondando ogni personaggio di possibilità emotive ed elementi scenici che si intersecano alla perfezione con la narrazione. Ci sono tante cose, ma sono incastrate nel film nel migliore dei modi, prendendo ciò che buono c’è nel libro di Suzanne Collins e lasciando alla pagina scritta quelle informazioni di cui il grande schermo non avrebbe giovato. È la storia di Coriolanus Snow, certo, e del suo rapporto con Lucy Gray Baird e di come “sono le cose amiamo di più a distruggerci”, ma è anche un approfondimento sul futuro legame tra Snow e Katniss Everdeen, sul futuro di Panem, sull’impostazione politica e sociale di un mondo crudele e violento ma ancora estremamente moderno e funzionale.