I visori VR DI Meta si trasformano in veri e propri Animus con Assassin’s Creed Nexus VR, l’ultima installazione di Ubisoft a tema “lame celate”. Ma anche la prima, in grado di catapultarci dentro al mondo di Ezio e compagni così profondamente. Un’importante disambiguazione riguarda la natura del progetto, che non è affatto una Demo con qualche gimmick volta a far sobbalzare i neofiti dei Meta Quest. Comprendiamo come mai lo si potrebbe pensare, ma in realtà è un gioco fatto e finito, completo e longevo. È presto per chiamarla una “killer app” per i caschi attualmente in vendita, ma mettiamola così: se possedete un Meta Quest, soprattutto se è il nuovo modello rilasciato a ottobre, non dovreste perdervi Assassin’s Creed Nexus VR. Avere accesso a un titolo così esteso e completo, per di più basato su un franchise di grande successo su un dispositivo VR senza fili e standalone può infatti rappresentare l’inizio di “qualcosa”. Non a breve termine, data la reticenza di molti nei confronti di questa tecnologia così affascinante. Eppure eccoci qui: alle prese con un videogioco che solo pochi anni fa sembrava non sarebbe mai potuto arrivare.
Assassin’s Creed Nexus VR: immersione eccellente
Il primo grande punto di forza di Assassin’s Creed Nexus VR è la sua capacità di immergerci completamente nelle sue ambientazioni in realtà virtuale. Le texture e i modelli sono sorprendenti per un gioco capace di girare senza alcun problema su dispositivi mobili come i Quest. In particolare, sul nostro visore Meta Quest 3 il framerate è impeccabile e anche azzerando tutte le impostazioni “di sicurezza” disponibili non ci siamo mai sentiti troppo male. Chi gioca in VR da un po’ lo sa: la motion sickness è un malessere che non è mai del tutto evitabile, soprattutto in videogiochi d’azione come Nexus VR. Il nostro personaggio, che sia Ezio, Connor o Kassandra, si muove parecchio e salta o si tuffa con la semplice pressione di un pulsante. Se siete nuovi di questo mondo fate una prova prima di impostare la camminata libera senza “teletrasporto” e vignettature, poi gradualmente eliminate gli orpelli e sperimentate la realtà virtuale al massimo del suo potenziale.
Scoprirete che i tetti dell’Italia rinascimentale sono maledettamente alti ed è fantastico potercisi dimenare su. Che la Grecia antica era molto più affollata e pericolosa del previsto e che in America i boschi sono dei parchi divertimento naturali. Vi lancerete dapprima con un po’ di timore, poi sempre più “sgargiuli” nelle classiche balle di fieno della serie e inizierete poco a poco a sfruttare sempre meglio le potenzialità di arrampicata dei protagonisti. C’è da dire a tal proposito che Nexus VR in realtà non si inventa niente di nuovo: ogni azione che si può svolgere nel titolo è meccanicamente “presa in prestito” da altri che, prima di lui, hanno consentito ai giocatori di aggrapparsi alle sporgenze con i dorsali, di sparare frecce mirando come nella vita reale (quasi), di fare i giocolieri con tazze, brocche e pugnali raccolti in giro o di far cozzare le lame in combattimento per parare, affondare e uccidere. Certo, l’esperienza Ubisoft fa tutto questo con classe e contestualizzando ogni gesto con la lore degli assassini. E il parkour è, come già detto, affidato alla semplice pressione di un pulsante e perciò fluido, immediato e agile.
Incredibilmente, non rovinano l’immersione nemmeno i suggerimenti a schermo o le interfacce utili per il giocatore. Per esempio, quando con la pressione di un pulsante attiviamo il classico “sesto senso” che rende luminosi i prossimi obiettivi. O anche solo alcuni pratici indicatori laterali dalla simile utilità. Usarli o meno sta a voi, ma vi avvertiamo: le mappe sembrano piccole, e il numero esiguo di biomi diversi, tre, potrebbe trarre in inganno. In realtà sono più che sufficienti, e per quanto riguarda la dimensione apparentemente ridotta, una volta che bisogna muovercisi dentro in prima persona ci si accorge di quanto avere una guida si rivela utile per non vagare troppo a lungo senza meta. Il che è utile in quanto la batteria del dispositivo VR si consuma molto rapidamente con Nexus.
Non voglio combattere!
L’unico vero neo della produzione in ambito grafica ed estetica sono i personaggi umani. In confronto alle location e alle loro architetture notevoli, alla natura incontaminata e al level design generale ogni incontro con un altro individuo è straniante. In parte per i modelli poco rifiniti e di qualità nettamente inferiori a quelli degli oggetti statici. Anche le animazioni sono troppo legnose e poco naturali, in linea con quelle proposte qualche anno fa dai giochi sulla saga degli assassini (perciò antiquate). In parte, perché se di fronte ci troviamo un oppositore in grado di combatterci, e non lo abbiamo abbattuto in stealth prima, sappiamo che sta per iniziare una lotta all’arma bianca. Una noiosa, lenta lotta all’arma bianca. Proprio come nei titoli regolari della serie, lo stealth è infatti eccezionale, anzi: in VR è ancora più soddisfacente sgattaiolare dietro ai nemici, trovare vie alternative arrampicandosi qua e là e decimare lentamente piccoli gruppi di avversari, in totale silenzio. Quando veniamo scoperti, invece, la situazione cambia radicalmente. Uno a uno gli avversari si palesano di fronte a noi, e inizia una lenta ripetizione di gesti sempre uguali, stimolante solo “sulla carta”.
Raccontandola, infatti, può apparire una dinamica quasi interessante: bisogna stare attenti a parare i colpi quando arrivano, opponendosi con la nostra spada in direzione perpendicolare alle lame nemiche. Dopo un tot di respinte si apre una finestra, e allora si può dare il massimo per abbattere l’opponente. Che però, puntualmente, resiste alla prima ondata e ci costringe a ripetere la tarantella: para, para, para, colpisci. I più coriacei richiedono tre interazioni come questa per morire. Il fatto è che per cozzare le lame correttamente bisogna azzeccare un angolo abbastanza poco permissivo, e per giunta poco realistico. Sovente capita di pensare di aver parato solo per accorgersi che il colpo, invece, è passato. Questo, unito alla summenzionata “bruttezza” dei modelli umani, fa sì che sia molto, molto meglio azzerare il rischio di combattere uno contro uno agendo di stealth.
Oltretutto, così facendo potrete sfruttare praticamente tutto l’arsenale tipico della setta… ovviamente, anche le lame celate. Tirarle fuori dalla manica con un gesto del polso è estremamente soddisfacente, così come lo è usarle. Il merito va però non solo alla già citata e ottima direzione artistica, o al reparto tecnico ottimizzato alla perfezione. Infatti, per garantire un’immersione migliore è importantissimo curare anche il sound design, il sonoro. Che in Assassin’s Creed Nexus non delude mai, qualunque cosa si faccia. I pavimenti di materiali diversi producono suoni diversi quando li calpestiamo, o se lanciamo un oggetto su di essi e lo rompiamo. Questo tipo di interazioni però non sono solo utili a costruire l’illusione della realtà, ma anche praticamente, durante i momenti in stealth. Infatti, si possono e si devono spesso usare oggetti vari per distrarre guardie posizionate di fronte a una porta che ci interessa, o simili.
Qualche dettaglio da rifinire
Insomma, è evidente che c’è ancora qualcosa da rifinire in Assassin’s Creed Nexus, anche se come inizio non c’è male. Ci piacerebbe che Ubisoft si mettesse al lavoro su qualche update per rallentare i caricamenti, per esempio, o per renderli meno noiosi con qualche mini gioco ad hoc. Possibilmente, non con gli stessi facilissimi puzzle che ci viene richiesto di completare prima di ogni missione. A prescindere però, ripetiamo che non ci si può lamentare troppo per le prestazioni del titolo, specie considerando l’hardware su cui gira e la completezza del gameplay che lo caratterizza. Sarebbe stato facile sviluppare una sorta di tech demo e venderla con il nome di Ezio e Assassin’s Creed stampato sopra. Invece, è stato fatto buon uso del franchise ed è stato prodotto il primo, vero Assassin’s Creed in realtà virtuale di sempre. Con tanto di trama legata alla lore dei discendenti di Ezio e personaggi noti che fanno la loro comparsa per un po’ di sano fanservice. Niente di troppo complesso, sia chiaro, ma fa piacere notare che c’è stato un impegno realmente a 360 gradi, narrazione inclusa.
Piattaforme: Visori Meta Quest
Sviluppatore: Ubisoft
Publisher: Ubisoft
Vero significa autentico, fedele agli stilemi della serie. Innovativo “solo” perché si gioca con un casco in un mondo simulato tridimensionale tutto intorno a noi, e non su uno schermo piatto. In quel “solo” c’è la consapevolezza già citata che Ubisoft ha giocato sul sicuro, implementando schemi di controllo collaudati da tempo nel mondo VR, senza tentare azzardi o virtuosismi. La speranza è che i Meta Quest e i loro colleghi riescano a penetrare nelle case degli appassionati di videogiochi sempre più di frequente, iniziando a diventare interessanti per ulteriori operazioni di conversione simili, per altri nomi che di certo ne gioverebbero. Ci vengono in mente Uncharted per il mondo Sony o GTA nella sfera del multipiattaforma. La realtà virtuale sta lentamente prendendo forma per come veniva disegnata nell’immaginario comune, prima che i limiti tecnici dei primi dispositivi appositi e la difficoltà nello sviluppo di un videogioco completo tutto in virtual reality mettesse tutti i piedi ben saldi a terra. Quegli stessi piedi, oggi, hanno compiuto un importante salto della fede, ancora un po’ incerto, ma non per questo meno importante.