Quando si apre il sipario sulla vita della protagonista in “Povere Creature”, Bella Baxter non è un modello di emancipazione femminile, non è una donna, non è per cominciare una persona. Dotata di libero arbitrio ma chiusa in una gabbia dorata di attenzioni speciali, Bella (Emma Stone) è una chimera, frutto di un esperimento, l’ha resa così un uomo folle votato alla scienza, il geniale Dottor. Godwin “God” Baxter (Willem Dafoe) egli come suggerisce la metà del suo cognome (God) gioca a fare dio e sceglie il destino di una creatura senza speranza, muovendola come un burattino nella sua fabbrica di mostri. Nella villa dove Bella muove i suoi primi passi cammina con bestie formate da parti di animali differenti è un prodigio aberrante. Gioca a tirare il cibo, scoordinata in ogni movimento si trascina a forza da una azione all’altra senza discutere. Passiva ma anche aggressiva, impara il concetto di “morte” prima di quello di “vita”. Non sa cosa sia l’empatia non sa cosa sia la cattiveria eppure ne è affascinata. Bella non è mai vissuta fuori dalla villa delle macabre meraviglie di Godwin ed egli (forse consapevole di aver bisogno di un assistente anche per confessargli quanto suo padre fosse stato “ingeneroso” con lui) coinvolge il migliore dei suoi studenti Max McCandes (Ramy Youssef) (a cui insegna anatomia all’università) un ragazzo puro e ingenuo, il cui compito è annotare le abitudini di Bella, da quante noci inghiotte e quanto diventi più abile a strimpellare con il pianoforte. Nessuno entra e nessuno esce dalla sua vita fino a quando “l’intruso” di passaggio per necessità della vita, il curioso Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo) pusillanime donnaiolo la vuole rapire e farle scoprire il (suo) mondo. Tratto dal libro pubblicato nel 1992 dallo scrittore scozzese Alasdair Gray, il regista Yorgos Lanthimos, prende lo spettatore e lo mette nuovamente sotto la sua lente di ingrandimento. Emma Stone (per questo vincitrice del Golden Globe come migliore attrice in un film commedia o musciale) musa del regista (lo fu anche per La favorita nel 2018) e corresponsabile dello sviluppo del suo personaggio ci propone una bellissima Frankenstein, con un piglio arguto e arrogante che riesce a stupire e quanto meno a rendere invalide le convenzioni della buona società. Contro cui il regista si scaglia con tutte le forze. Bella è circondata di pazzi, don Giovanni, pervertiti, anticonvenzionali, cinici, ipocriti, violenti (quasi tutti uomini) che al confronto la fanno apparire sana di mente e senza dubbio migliore, perfino più ragionevole in alcune occasioni, dove paradossalmente, se in un primo momento ci può scandalizzare quello che fa e che dice in un secondo si merita la nostra stima e ci strappa un amaro sorriso portandoci alla più banale delle riflessioni: siamo anche noi schiavi delle convenzioni e privati di libertà.
Povere Creature: Una Boutique di curiosità
Bella indossa abiti sontuosi, maniche a sbuffo ingombranti, che ricordano grossi polmoni pieni d’aria, galleggia muovendosi come una ballerina istupidita sulle punte con la musica di Jerskin Fendrix sullo scenario di città reali ma re immaginate come fantastiche. Londra, Lisbona, Parigi, viste come le vedrebbe una bambina (o la stessa Bella) semplicemente come sono sotto lo strato della realtà, città da favola, colori pastello e confetto che conferiscono alla scena grottesca un tratto di originalità senza una connotazione storica (se non la eco della Londra Vittoriana dove viene ambientato il romanzo). A detta della costumista, Holly Waddington, Lanthimos non voleva che assomigliasse “né ad un film d’epoca né ad uno di fantascienza” il concetto dietro quello che indossa la protagonista è il comportamento dei bambini e la scoperta della pubertà leggiamo in una sua intervista rilasciata a Vanity Fair riguardo la realizzazione del suo lavoro su gli abiti: “Come tutti i bambini-io ne ho due di bambini piccoli-quando li vesti, molto spesso si spogliano. Quindi in tutto ciò che vedi, manca qualcosa è più vestita sopra: indosserà quindi una camicetta voluminosa ma con un paio di mutandine e piedi nudi. Ho voluto sfruttare le stoffe che si utilizzano per gli abiti dei bambini: trapunte, volant, stoffe crespe, cose che assomigliassero un’ po’ ai pannolini” continua poi :“Ci sono anche molti riferimenti ai genitali femminili: c’è una camicetta che abbiamo chiamato camicetta della vagina, poi la camicetta clitoride. Hanno tutti questi orfizi: uno squarcio al centro e poi tante pieghe” lo ha definito: “a sexually liberated fashion fantasia”.
Una bellissima Frankenstein
Emma Stone si è mostrata particolarmente entusiasta nel poter interpretare un personaggio senza freni inibitori e ha dichiarato: “È una favola è una metafora, chiaramente, questo non può realmente accadere ma l’idea che tu possa ricominciare da capo come donna, con un corpo già formato e vedere tutto per la prima volta e provare a capire la natura della sessualità o del potere o del denaro o della scelta, la capacità stessa di poter scegliere e vivere secondo le tue regole e non quelle della società, è un modo davvero affascinate per cominciare. Anche se Bella ha ovviamente attraversato un trauma nella sua vita, semplicemente non lo contempla. Era il personaggio più gioioso al mondo da interpretare, perché non ha vergogna di nulla. Per me è una novità non ho mai dovuto costruire un personaggio prima che non avesse già un trascorso o che non avesse vissuto con le regole imposte dalla società per tutta la vita. È stata un’esperienza estremamente liberatoria essere lei.”
La liberà e l’emancipazione vengono dunque veicolate da alcuni fattori.
Willem Dafoe (durante la conferenza stampa del film tenutasi a Roma a cui abbiamo partecipato ndr.) ha spiegato che la differenza tra il dottor Frankenstein e il suo personaggio sta in questo: “Nella storia di Frankenstein il mostro che lui crea gli provoca e suscita repulsione” al contrario in questo film “la creatura venuta fuori dall’esperimento è una persona della quale il mio personaggio va fiero, di cui quasi si innamora e fondamentalmente a questa creatura lui sta dando una seconda chance e dandola a lei la sta dando a se stesso e il mio personaggio che crede profondamente nella scienza è convinto che questo possa essere un altro modo per poter avere lui stesso una seconda vita. Quello che fa è estremamente non ortodosso e assolutamente non etico ma per lui è qualcosa di generoso positivo e entusiasmante”.
Il potere del sesso femminile è lo scudo con cui Bella, vittima e poi carnefice si fa strada nella scoperta di se stessa e del mondo: bellissima e senza illusioni di moralità ne sfrutta il potenziale soggiogando gli uomini, utilizzando quel corpo che gli è stato fornito (di fatto non propriamente suo) come strumento per ottenere libertà, soldi, potere. Il suo esempio di “emancipazione” se così si può chiamare quando di fatto Bella acquista una nuova vita, lascia un senso di inquietudine addosso: se da una parte la sua scoperta del piacere personale è un manifesto di vitalità, il modo in cui si fa innocentemente sfruttare dal mondo degli uomini, per quanto a vantaggio finale è triste. La consapevolezza dell’empatia verso il prossimo (le resfortunate del titolo) dà la percezione del quanto ancora Bella debba prendere coscienza anche quando troneggia sulle sue nuove conquiste sorseggiando gin.
Una favola amara, una felicità sofferta velata da una macabra invisibile sostanza di cui non sono fatti i sogni.
