Senua’s Saga Hellblade II Recensione: il canto sofferto di Senua

La recente generazione di piattaforme di gioco si è distinta per la scarsità di innovazioni tecnologiche di rilievo, quelle rivelazioni sorprendenti che dimostrano capacità inimmaginabili per le precedenti tecnologie. Le cause sono variegate, incluse le difficoltà di distribuzione delle piattaforme e i rallentamenti nello sviluppo provocati dalla pandemia, che hanno prolungato un periodo di transizione intergenerazionale insolitamente esteso. Fino all’anno scorso, la maggior parte dei titoli veniva rilasciata sia per PlayStation 4, Xbox One che per i loro eredi. In aggiunta, Unreal Engine 5, l’ultima versione del diffuso motore grafico di Epic Games, ha impiegato tempo per adeguarsi alle nuove console e le produzioni di grande impatto che ne hanno tratto vantaggio sono emerse lentamente, con solo alcune eccezioni di rilievo. Pertanto, non mi attendevo di essere testimone di un’epifania tecnologica quando ho provato per la prima volta Senua’s Saga Hellblade II. Eppure, è accaduto, e posso affermare con certezza che, ad oggi, non esiste un’opera narrativa d’azione altrettanto realistica e sorprendente che sfrutti le capacità del motore grafico di Epic, le risorse di Microsoft, proprietaria di Ninja Theory dal 2018, e l’approccio distintivo di un team ristretto di tecnici e artisti per forgiare qualcosa di tangibile e straordinariamente iperreale. Non sorprenderà coloro che hanno giocato a Hellblade Senua’s Sacrifice nel 2017, dato che entrambi i giochi combinano un’intensa componente d’azione, quasi mitologica, con una rappresentazione realistica della psicologia di Senua, una guerriera celtica dell’VIII secolo afflitta da psicosi. Entrambi vantano uno stile visivo fotorealistico con un’enfasi particolare sulla performance capture, un campo in cui Ninja Theory eccelle fin dalla collaborazione con Andy Serkis per Heavenly Sword nel 2007.

Senua’s Saga Hellblade II: tra mitologia e demoni interiori

Da quel momento, molte cose sono mutate per la software house che, pur mantenendo un team relativamente contenuto, si è trasferita in un nuovo complesso a Cambridge, dotato di ampi spazi di lavoro, uno studio avanzato per la motion capture e persino un pub chiamato “The Bird or Worm?”, per la gioia di tutti i collaboratori. Non vi è più traccia dell’energico co-fondatore di Ninja Theory, nonché sceneggiatore e regista del primo Hellblade, Tameem Antoniades, che ha lasciato lo studio. Antoniades ha partecipato allo sviluppo del seguito nelle fasi iniziali per assicurare una transizione fluida, salutando poi l’azienda in buoni rapporti, e affidando il progetto a un trio di leader creativi: il direttore artistico ambientale Dan Attwell, il direttore degli effetti visivi Mark Slater-Tunstill e il direttore audio David Garcia. Si potrebbe presumere un impegno artigianale in ogni aspetto di un gioco diretto da professionisti del loro livello, ma ciò non mi ha comunque preparato all’impressionante dedizione che Ninja Theory ha profuso nel perseguire un tale senso di realismo nel suo lavoro.

In Hellblade II, Senua si avventura in Islanda per affrontare gli schiavisti norreni che minacciano la sua comunità nelle isole britanniche settentrionali. Il suo viaggio è basato su percorsi reali e le ambientazioni sono state ricreate utilizzando una combinazione di immagini satellitari, riprese aeree, generazione procedurale e fotogrammetria. Il team ha trascorso settimane in Islanda, esplorando il territorio, documentando le formazioni rocciose e pilotando droni. Hanno esaminato le tecniche costruttive dell’epoca e ricostruito virtualmente le strutture utilizzando assi di legno scansionate in 3D, piuttosto che modellarle. Hanno persino scelto di creare sculture in legno personalizzate per poi digitalizzarle, un impegno che va oltre la semplice dedizione e sfiora una passione sconfinata e meticolosa. Il responsabile dei personaggi, Dan Crossland, ha collaborato con una costumista londinese per confezionare gli abiti storici indossati dagli attori, successivamente digitalizzati dallo studio. Si dice che abbia anche realizzato manichini decorati con gesso, piume e frammenti di tessuto ricavati da vari indumenti e cuciti insieme, creando spaventosi prototipi di nemici che riflettono l’attenzione maniacale per i dettagli.

Attraverso gli occhi di Senua

Nel contesto di Senua’s Saga: Hellblade II, le dinamiche di combattimento non sono state create attraverso animazioni convenzionali, ma piuttosto attraverso la registrazione di performance di stuntman professionisti. Queste sequenze sono state catturate dal direttore delle animazioni, utilizzando dispositivi mobili e attrezzature leggere che hanno permesso una maggiore libertà di movimento durante le riprese. Il sistema di combattimento, interamente basato sulla motion capture, si distingue per originalità e funzionalità, caratterizzato da un ritmo ponderato e una brutalità marcata. Inoltre, sono stati introdotti elementi aggiuntivi che, pur essendo meno empirici, aggiungono un tocco ludico che intensifica l’esperienza di gioco. L’esplorazione, che si svolge in ambienti suggestivi e impegnativi, richiede alla protagonista di individuare simboli nascosti nell’ambiente, riflettendo la tendenza di Senua a cercare connessioni in ogni aspetto della sua realtà per poter procedere. Gli scontri sono resi più tesi dalla presenza di nemici imponenti e minacciosi, resi ancora più intimidatori dalle inquadrature ravvicinate della telecamera.

Per quanto riguarda la rappresentazione della psicosi di Senua, la sceneggiatrice Lara Derham ha collaborato con il professore di psicologia Paul Fletcher e con individui che hanno esperienza personale di psicosi. Le Furie, ovvero le voci nella mente di Senua, sono state interpretate da attori in uno studio insonorizzato presso la sede di Ninja Theory, utilizzando un microfono binaurale per creare un effetto di realismo acustico. I paesaggi sonori creati da David Garcia, che combinano toni minacciosi e melodie, offrono un accesso diretto allo stato emotivo della protagonista, risultando altrettanto coinvolgenti oggi come lo erano al momento del loro debutto. Ninja Theory ha espresso l’intenzione di ancorare i suoi sforzi digitali alla realtà fisica, un obiettivo che potrebbe sembrare paradossale ma che trova la sua concretizzazione nel gioco stesso e nella sua straordinaria resa visiva. Che si tratti di riprodurre le pendici di un vulcano islandese o di catturare l’espressività dell’interprete di Senua, Melina Juergens, Hellblade II trasmette un senso di immediatezza che agisce su un piano quasi subconscio. Gli sviluppatori di Ninja Theory cercano di stabilire un legame emotivo con il giocatore, convinti che una tale connessione possa formarsi solo se il giocatore percepisce come reali gli elementi presentati. Il team ha visitato personalmente i luoghi rappresentati nel gioco per assorbirne l’essenza, evitando reinterpretazioni soggettive. Il supporto dell’Unreal Engine 5 ha permesso di adottare questo approccio realistico, grazie alla precisione del sistema di geometria Nanite e alla riduzione dei tempi tra la scansione degli oggetti e la loro integrazione nel gioco. Ciò ha permesso di concentrarsi sulla cura di dettagli solo in apparenza secondari, come la composizione delle scene e l’illuminazione volumetrica. In sintesi, Unreal Engine 5 ha abbattuto numerose barriere per gli sviluppatori, e i giocatori stanno iniziando a riconoscere i benefici di queste innovazioni.

La rinascita di un’eroina

In un’analisi approfondita di Hellblade II, emerge chiaramente che il gioco potrebbe segnare l’inizio di una vera e propria rivoluzione nel settore dei videogiochi. Questo non si limita alla superiorità del suo motore grafico, ma si estende a una serie di elementi di design sinergici che trasformano il gioco in una dimostrazione impressionante di tecnologia. La struttura del gioco è deliberatamente mirata e non si tratta di una simulazione open world eccessivamente libera, bensì di un’avventura d’azione con un forte accento sulla trama. Come parte integrante di Xbox Game Studios, Ninja Theory ha beneficiato del vantaggio di poter lavorare su un numero ristretto di piattaforme e ha avuto l’opportunità di dedicarsi alla sperimentazione. Con l’acquisizione da parte di Microsoft, Ninja Theory si è rivelata solo uno studio di sviluppo di talento, ma anche un centro di ricerca che spinge i confini della tecnologia e dell’arte nel processo creativo di prodotti d’intrattenimento moderni. Il risultato è un titolo realizzato con un livello di cura straordinario. Hellblade II potrebbe non essere del gradimento universale, data la sua narrazione riflessiva, la generosa risposta ai comandi e una regia cinematografica fortemente sceneggiata, che ricorda i giochi laser di un tempo, simboli dell’epoca d’oro delle sale giochi.

La narrazione di Senua, e in particolare il modo in cui viene esposta, crea un’esperienza di gioco incredibilmente immersiva, che sfuma i confini tra finzione e realtà. Per un titolo che enfatizza una visione così intima, l’idea di rappresentare la realtà potrebbe sembrare inusuale o addirittura contraddittoria. Tuttavia, ciò stabilisce un punto di partenza per gli sviluppatori, che hanno sovrapposto livelli impressionistici di percezione mentale: la luna emana una luce più brillante; i colori del paesaggio islandese sono più vividi; particelle e detriti fluttuano nell’aria con effetti drammatici. Si tratta di un universo di intensa iperrealtà, come menzionato in precedenza, percepito attraverso i sensi di un personaggio, e quindi anche attraverso i nostri, i cui processi cognitivi sembrano essere in costante stato di sovraccarico. Le persone affette da psicosi spesso si sentono profondamente connesse agli eventi naturali, e di conseguenza anche la percezione del tempo viene alterata, trasformando un tramonto inquietante in una notte incantevole in un istante. La difficile relazione con la realtà della protagonista e le immagini straordinarie che trascendono la cosiddetta “valle dell’irrealtà”, grazie alla potenza computazionale e al talento artistico di Ninja Theory, elevano Hellblade II a nuovi vertici di fotorealismo nel medium interattivo. Eppure, questa esperienza tanto viscerale quanto illusoria è resa possibile dalla stessa Senua: la sua psiche, proiettata sullo schermo in modo tanto spaventoso quanto affascinante, doveva rimanere autentica. L’obiettivo raggiunto appieno è stato far sentire il giocatore allo stesso tempo distante e vicino a Senua, una donna vissuta in un’età lontana con un sistema di credenze molto diverso dal suo, ma anche intimamente connesso a lei in modo familiare e talvolta inquietante.

Piattaforme: PC, Xbox Series X|S

Sviluppatore: Ninja Theory

Publisher: Xbox Game Studios

La nuova avventura di Senua in Hellblade II si configura come l’archetipo di un sequel ideale, migliore del suo antecedente, con una trama che evita divagazioni inutili e si dedica invece a sfruttare ogni elemento narrativo sin dall’inizio, nonostante la brevità complessiva del gioco. Allo stesso tempo, mantiene fedeltà al suo nucleo originale, presentandosi come un racconto straordinario in terza persona che si affida alla forza audiovisiva per affascinare il giocatore, anziché puntare principalmente sull’interattività. Di conseguenza, se il capitolo precedente non ha risvegliato in voi alcuna sensazione, è improbabile che questo seguito possa invertire tale tendenza. Tuttavia, la narrazione della guerriera pitta, segnata dal dolore, rimane una perla rara nel contesto dei videogiochi contemporanei e merita di essere esplorata fino al suo epilogo.

Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.